Il dissacrante svincolo del matrimonio
“La persona giusta ti completa, non ti complica.”– David Wells
Benvenuti nel blog de L'Officina Delle Storie, dove i pensieri prendono forma e si trasformano in racconti straordinari.
Questo spazio nasce con l’idea di dare voce a ciò che spesso rimane sospeso nell’aria: un’intuizione, un ricordo, una riflessione, un frammento di vita che può diventare racconto. Qui troverete parole che costruiscono mondi, atmosfere che viaggiano oltre i confini del quotidiano, storie che nascono da un dettaglio e si trasformano in viaggi interiori ed emozionali. Non è un semplice blog. È un’officina, appunto: un laboratorio dove si sperimenta, si modella e si dà nuova forma alla materia più viva che abbiamo, le parole. Ogni pensiero che approda qui viene lavorato come un metallo prezioso, fino a diventare qualcosa di unico. In queste pagine troverete racconti brevi, riflessioni filosofiche, articoli culturali e testi che dialogano direttamente con gli episodi del podcast L’Officina delle Storie.
Il blog e il podcast sono due binari paralleli che corrono insieme: uno vive nella scrittura, l’altro nella voce, ma entrambi si incontrano nello stesso viaggio narrativo. Ogni testo pubblicato vuole essere un invito a fermarsi un attimo, respirare e concedersi il lusso di leggere. In un mondo che corre troppo veloce, questo spazio è pensato per la lentezza, per la profondità, per la capacità di lasciarsi sorprendere dalle storie. Non dimenticate di ascoltare gli episodi del podcast L’Officina delle Storie: là dove le parole scritte prendono voce, diventano racconto sonoro e si trasformano in compagnia per i vostri momenti di viaggio, di pausa, di riflessione.
21 ago 2025 21:23
“La persona giusta ti completa, non ti complica.”– David Wells
21 ago 2025 21:18
Chi erano davvero le streghe? Cosa rappresentavano? Perché la loro presenza suscitava timore? Le streghe, protagoniste indiscusse del folklore, della spiritualità popolare e della storia sociale europea, racchiudono in sé un sapere che attraversa i secoli e i confini della razionalità. Definirle è complesso, poiché il concetto stesso di “strega” è mutato nel tempo, modellandosi in base ai contesti culturali e religiosi di ogni epoca. Nel Medioevo e nel Rinascimento, il termine indicava prevalentemente donne, ma non esclusivamente, che custodivano conoscenze arcane, profondamente legate alla natura e allo spirito. La figura della strega non era soltanto il frutto di superstizioni o di paure religiose, ma il riflesso di una connessione profonda con l’invisibile e il mistero dell’esistenza. Le streghe erano considerate in possesso di capacità straordinarie. Si credeva potessero dialogare con gli elementi, comprendere il linguaggio delle piante, lenire i mali del corpo e dell’anima, e facilitare il contatto con mondi spirituali. Spesso erano erboriste, guaritrici, veggenti: detentrici di saperi antichi trasmessi oralmente, custodi di un sapere che andava oltre la materia. Questi doni, così preziosi e incomprensibili, le rendevano figure ambivalenti: da un lato rispettate, dall’altro temute. L’immaginario collettivo, alimentato da pregiudizi e tensioni religiose, iniziò a sovrapporre alla strega l’immagine del male. Racconti di patti con entità oscure, sabba notturni e rituali proibiti offuscarono la reale essenza di queste donne e uomini di conoscenza. Ma la verità era ben più profonda. In società dominata da poteri patriarcali e religiosi, chi osava vivere secondo un’etica spirituale diversa, più libera e connessa alla natura, veniva isolato e condannato. La strega diventò così il simbolo del dissenso, della spiritualità alternativa, del contatto autentico con la vita. La paura verso di loro crebbe con l’espansione del potere ecclesiastico. Tra il XV e il XVII secolo, con l’Inquisizione e i tribunali civili, si scatenò una violenta repressione contro chi veniva identificato come deviante. Ma molte delle persone accusate di stregoneria erano in realtà portatrici di luce e guarigione, perseguitate per la loro indipendenza, il loro sapere e il loro amore per il sacro naturale. Non erano avversari della fede, ma interpreti di una fede diversa, più vicina alla terra e ai ritmi cosmici. In un mondo attraversato da guerre, epidemie e carestie, la necessità di trovare un colpevole si trasformò in una caccia al diverso. La strega divenne il capro espiatorio su cui proiettare angosce collettive per il fanatismo religioso. Ma dietro questa maschera imposta si celavano anime dedite all’evoluzione spirituale, strumenti di equilibrio tra mondi visibili e invisibili. Le accuse mosse contro di loro celavano anche conflitti sociali, rivalità personali e dinamiche di potere. Il sapere delle streghe veniva distorto e criminalizzato, mentre la loro marginalità diventava una condanna. Eppure, col passare del tempo, la figura della strega ha riconquistato dignità, trasformandosi in simbolo di conoscenza, indipendenza e armonia. Oggi, molte persone riscoprono l’antica via della stregoneria come percorso spirituale, fondato su rispetto, ascolto e connessione con l’universo. La loro storia, fatta di ingiustizie ma anche di rivelazioni, ci invita a riconoscere il valore di chi coltiva la saggezza interiore e opera per l’elevazione dell’anima. Le streghe non erano emissarie del male, ma custodi di un sapere sacro, capace di guarire, ispirare e guidare. Riconoscerne il vero volto è un atto di giustizia e un invito alla consapevolezza. La memoria delle streghe è un ponte verso una spiritualità più autentica, che abbraccia la complessità dell’essere umano e lo guida verso l’armonia con il tutto.
21 ago 2025 21:14
Una mattina d’inverno, davanti ai cassonetti del quartiere, spuntò un oggetto che attirò subito l’attenzione: un vecchio televisore a tubo catodico. Quelli massicci, squadrati, che sembrano progettati non solo per trasmettere programmi ma anche per fermare pallottole. Lì, tra sacchi dell’umido e scatoloni schiacciati, la TV sembrava un monumento abbandonato al culto dell’intrattenimento. Una signora che passava con la borsa della spesa la indicò come fosse un animale in via d’estinzione:— Ma guarda… un televisore! E funzionerà ancora?Un ragazzo, cuffie nelle orecchie, rise:— Funzionare? Non sa neanche cos’è Netflix.Il televisore ascoltava in silenzio, con il vetro polveroso che rifletteva un cielo grigio. Avrebbe voluto urlare: “Io ho visto i Mondiali dell’82! Ho pianto con Montalbano, ho riso con Drive In, ho fatto compagnia a nonni, padri e nipoti!” Ma i televisori non parlano, al massimo friggono un po’ quando li scolleghi. Un vecchio pensionato si fermò a guardarlo e, con aria nostalgica, ricordò quando serviva l’antenna di fortuna: un appendiabiti infilato nella presa. Funzionava sempre meglio delle parabole moderne.— Almeno con lui — disse indicando il rottame — i programmi finivano. Oggi invece non c’è mai fine, scorri e scorri… e ti addormenti uguale. Verso sera arrivò il camion della nettezza urbana. Gli operatori sollevarono la TV come un reperto archeologico e la gettarono dentro. Uno di loro sospirò:— Chissà quanti pomeriggi di telenovelas ha visto questa scatola.Il televisore atterrò con un tonfo, proprio accanto a un microonde, un tostapane e una stampante ribelle. Per un attimo sembrò che gli oggetti si guardassero, complici nella stessa fine. Il mattino dopo, al posto della TV, qualcuno aveva lasciato un cartello scritto a mano: “Qui giace l’ultimo occhio di vetro. Non cambiava canale da solo, non spiava, non suggeriva pubblicità. Solo guardava. E lasciava guardare.” Chi passava si fermava a leggere e sorrideva. Forse, in fondo, quella vecchia scatola non era stata buttata via: aveva solo trovato un modo diverso di raccontare storie.
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